La placenta è l'organo che permette al feto di ricevere attraverso il sangue della mamma tutte le sostanze necessarie per la sua formazione e la sua crescita nei nove mesi di gestazione (ossigeno, nutrimento, ecc). Il secondamento è la
fase conclusiva del parto quando, a nascita già avvenuta, la puerpuera deve espellere in maniera tutta naturale la placenta, grazie alle contrazioni ancora presenti anche se di intensità inferiore rispetto a quelle dolorose del travaglio. Dopo la nascita, infatti, la placenta si stacca, si incanala nella vagina per essere espulsa all'esterno del corpo. In un arco di tempo di mezz'ora dopo la fase di espulsione del neonato, ma nella maggioranza dei casi entro qualche minuto, la placenta esce spontaneamente dall'organismo e il personale medico deve controllare minuziosamente che sia
completa e che non siano rimasti pezzi o tracce di materiale organico dentro la partoriente. E' proprio per questo che la neomamma, ormai in quasi tutte le
strutture ospedaliere italiane, rimane per un paio d'ore in osservazione in sala parto, in modo da poter verificare che tutto sia andato per il meglio. La spiegazione verbale di questo evento fisiologico lo rende più complicato di quello che è realmente, ma è un momento che viene vissuto in totale serenità dalla mamma quando ha in braccio per la
prima volta il suo bambino. Si parla di secondamento incompleto solo nel caso in cui, una volta uscita, la placenta non si presenta intera e significa che qualche residuo può essere rimasto all'interno dell'utero. In questo caso diventa necessario intervenire con un
raschiamento manuale delle pareti in anestesia locale per scongiurare un'emorragia interna con conseguenti infezioni gravi e pericolose come la setticemia.